GLI ANTICHI MI CHIAMAVANO UTOPIA ( NESSUN POSTO) PER IL MIO ISOLAMENTO; ADESSO SONO EMULA DELLA REPUBBLICA DI PLATONE, E FORSE LA SUPERO, SICCHE' A BUON DIRITTO MERITO DI ESSERE CHIAMATA EUTOPIA
( LUOGO FELICE )
Utopia di Thomas More, è tra i pochi libri di cui può dirsi che abbiano davvero inciso sulla storia del mondo. Con esso l'uomo angosciato dalle violenze e dalle dissipazioni di una società ingiusta, levava una protesta che non è mai più stata soffocata. E' un Opera classica nella storia del pensiero politico, tanto che il suo nome è entrato nel linguaggio comune a designare progetti destituiti d'ogni velleità di attuazione pratica immediata e perfino vagheggiamenti impossibili. Un libro che proponeva all'Europa colta, un nucleo di serie e coraggiose critiche alle strutture vigenti dell'aggregato politico sociale e insieme un radicale progetto di riforma della convivenza umana. Thomas More, primo dei riformatori impotenti, chiusi in un mondo troppo sordo e troppo ostile per
ascoltarli, insegnava a lottare nel solo modo concesso agli inermi uomini di cultura, gettando ai secoli venturi un'appello, delineando un programma destinato non già a ispirare un'azione immediata ma a fecondare le coscienze. Da allora, quei lucidi realisti che il mondo chiama con termine moreano "utopisti", fanno appunto l'unica cosa che ad essi è data: come naufraghi sulle sponde di remote isole inospitali, gettano ai posteri un messaggio nella bottiglia. Un messaggio che pone gli uomini su un piano di assoluta eguaglianza, ignari da conflitti sociali. Un messaggio che contrasta con il contesto in cui ci troviamo. Un contesto fatto di regole ( o di non regole) finalizzate non al bene della persona ma al profitto, peggio al tornaconto di alcuni. Un contesto dove la democrazia si logora, perchè ai livelli più alti si insiste ad imporre delle priorità che collidono con le reali emergenze ed esigenze dei popoli. Un contesto che ha fatto dire a Papa Francesco ( Veglia di Pentecoste) del 18 maggio 2013 : " Se cadono gli investimenti alle banche tutti a dire che è una tragedia. Se le famiglie stanno male non hanno da mangiare, se la gente muore di fame allora non fa niente. Un contesto quello odierno, in cui andrebbe riscoperta una coscienza utopica capace di individuare una direzione complessiva, un orientamento per questo frangente storico, e capace di sostenere il coraggio di riforme incisive a favore del rispetto della dignità umana.
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