giovedì 27 febbraio 2014

TASSE E ASFISSIA ECONOMICA

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Nei Paesi democratici esiste un dibattito sulle modalità di prelievo e sull'impiego delle tasse. Le tasse al contrario del pensiero comune, non servono a ripagare il debito pubblico, finanziare servizi, come le scuole, sanità, assistenza.Le tasse ( o imposte nei paesi come l'Italia ) negli Stati a moneta sovrana (cioè con una moneta fluttuante e non convertibile) servono a dare valore alla moneta priva di valore intrinseco, il sistema prende il nome di ( TAX DRIVEN MONEY ), servono a regolare la domanda aggregata. Questo perchè la tassazione è sempre una fase successiva alla spesa pubblica dello Stato. Le tasse servono dunque per regolare l'economia. Così se l'economia si impantana le tasse si abbassano, si tassa anche per contenere l'inflazione. Nei Paesi, invece a moneta non sovrana, come quelli dell'Eurozona, le tasse servono a finanziare la spesa pubblica e a ripagare il debito.Questo perchè lo Stato, non potendo più emettere la moneta, deve prenderla in prestito dai mercati di capitali privati, che chiedono il pagamento di interessi.La chemiotassazione imposta dalla Troika all'Italia, nasce dal fatto che l'Italia deve restituire ogni singolo euro che usa alle megabanche internazionali con tassi impossibili, proprio perchè l'Italia non può emettere una sua moneta e la prende in prestito dalle megabanche. Ma vediamo adesso quante sono le tasse per un contribuente. Un elenco ufficiale non esiste. Le associazioni di consumatori e delle imprese parlano genericamente di cento, ma non ci sono certezze. Nel dossiere su balzelli d'Italia la Confesercenti, non ha solo pubblicato il "Bestiario delle 100 tasse" che fanno tribolare imprese e famiglie, ma ha fornito un dato poco noto. Pagare le tasse, cioè riuscire a mettersi in regola con il Fisco, ha un costo considerevole: gli adempimenti tributari ammontano a circa 18 miliardi di euro l'anno. Chi esercita un' attività in Italia paga 4.495 euro contro i 1.320 dei Francesi, i 1.290 dei Britannici, i 1.210 dei Tedeschi. Soldi che finiscono nelle tasche della consulenza fiscale, pervasiva e avvolgente. La mia curiosità , mi ha spinto a cercare le tasse più assurde, tra quelle trovate, che vi assicuro sono davvero tante, ve ne cito solo alcune. La tassa sui gradini, la tassa ombra, la tassa sui ballatoi, l'imposta sulle immagini, la tassa sulle paludi, la gabella sugli sposi ecc. Ma è quando parliamo di gas e consumi elettrici, che conviene fare due conti. Pensate un metro cubo di gas naturale ha un costo estrattivo di 2 centesimi, al confine italiano il prezzo sale a 20 centesimi, al consumatore finale costa 65 centesimi. Come si spiega? La tariffa media nazionale riferita al gas, ha la seguente composizione: materia prima gas 32%, il costo delle infrastrutture 17%, l'8% per la commercializzazione, e il 43% per le imposte. Il costo del gas per il consumatore in Italia è così superiore al 25% rispetto alla media europea. Ma anche i consumi elettrici sono un ottimo affare per il fisco: le relative imposte assicurano ogni anno 9 miliardi di euro. C'è un'imposta mascherata sulla bolletta dell'elettricità, la CIP 6 che serve alla promozione delle fonti rinnovabili ma anche delle cosiddette assimilate cioè fonti non rinnovabili, camuffate come la bruciatura dei cascami del petrolio o l'energia derivata da spazzatura. Con questo trucco si stima che negli ultimi 20 anni i produttori di fonti assimilate abbiano ricevuto contributi per circa 30 miliardi di euro pagati da tutti sulla bolletta.







mercoledì 26 febbraio 2014

LA POVERTA' IN ITALIA

 Il rapporto "Noi Italia" 2014 dell'Istat fotografa un Paese più povero. I dati dell'Istituto di statistica, si riferiscono nella maggior parte dei casi al 2012. In Italia una famiglia su quattro è in una situazione di deprivazione. L'indice è cresciuto dal 22,3% del 2011 al 24,9% dell'anno successivo. Quasi cinque milioni di persone nel 2012 erano in condizioni di povertà assoluta, si tratta del 6,8% delle famiglie per un totale di oltre 4,8 milioni di individui, concentrati soprattutto nel Mezzogiorno.  L'aumento della povertà è dovuto essenzialmente a meccanismi di funzionamento della nostra economia e della nostra società di oggi e del recente passato. Il passato è quello della società fordista e industriale. Oggi viviamo nella cosiddetta civiltà postindustriale. Nel 2004, l'un per cento dei ricconi americani guadagnava circa 1,35 triliardi di dollari all'anno, più del reddito nazionale, di Francia, Italia o Canada. Negli Stati Uniti, accanto ai ricchi, figli d'arte, in quanto provenivano da famiglie che si erano arricchite grazie al petrolio, ai prodotti chimici, all'acciaio o al mercato immobiliare, nei tardi anni ottanta, viene in essere una nuova enclave di ricchi. Nei tardi anni ottanta, infatti i ricchi cominciarono a cambiare. I mercati finanziari presero il volo e sfornarono un nuovo gruppo di operatori di Wall Street, veri e propri predoni aziendali e pionieri tecnologici. Il numero dei miliardari salì dai 13 del 1982 ai 67 del 1989. Nel 2000, con le oscillazioni del mercato rialzista, il rivolo si trasformò in un'ondata, e la popolazione dei milionari americani, fu più che triplicata fino ad arrivare a otto milioni di individui, superando così l'intera popolazione della Svezia e dell'Austria. A guidare questa ondata di nuovi ricchi è stata l'espansione finanziaria, che ha permesso loro a danno dei più deboli, di diventare più ricchi e più in fretta di prima. Come? Semplicemente navigando nel fiume globale di danaro alimentato da un cambiamento più ampio nel mondo della finanza. Anni di tassi d'interesse bassi in tutto il mondo, unitamente ai fondi pensione, ai profitti aziendali e ai risparmi globali in aumento, hanno creato una nuova immensa ondata di denaro. A livello globale, le pensioni, le assicurazioni e i fondi comuni d'investimento a capitale variabile hanno a disposizione 46.000 miliardi di dollari, che dal 2000, sono cresciuti di quasi un terzo. Al contrario che in America nel resto del mondo , le famiglie cercano di risparmiare il più possibile. Accanto al fiume di denaro in America vi è stata una politica del governo che ha giocato un ruolo determinante. La spinta verso la privatizzazione, la deregolamentazione e il libero mercato che si diffusero sotto Ronald Regan e continuarono sotto Bill Clinton e Geoge W. Bush, ha aumentato l'entità e la quantità delle fortune personali. La politica monetaria e fiscale ha anche favorito l'assunzione di rischio e i pesanti indebitamenti dei consumatori e delle aziende. Mentre negli Stati Uniti sempre più persone si arricchivano, in Italia un sistema finanziario globale, progressivamente privato di regole , trova per soddisfare il bisogno continuo del reinvestimento del capitale una nuova materia nella pluralità di prodotti offerti da istituzioni finanziarie che spesso non erano neppure intermediari accreditati ( il cosiddetto sistema bancario ombra), e che tramite sofisticati meccanismi di cartolarizzazione, passavano ad altri i rischi contenuti in credito spesso inesigibili. Il sovrappiù anzicchè essere usato per svolgere il ruolo storico di promotore della crescita economica di lunga durata, trovando spazio nei finanziamenti alle imprese, vero motore dell'economia, si è ammantato di nuovi misteri, divenendo capitale della finanza. In America, il fiume di denaro ha accelerato i tempi necessari ad avviare, far crescere e vendere un'azienda. Le aziende infatti a capitale di rischio hanno permesso agli imprenditori di raccogliere milioni in tempi brevissimi per avviare nuove imprese. I mercati azionari i fondi di investimento protetto, le aziende con fondi patrimoniali privati e le fusioni hanno creato nuove opportunità per far soldi. Avviare un'azienda a capitale di rischio, espandersi in un mercato globale vendendo in contanti tramite un' IPO o una vendita, il tutto in pochi anni o persino mesi, ha creato una nova classe di imprenditori gli " istapreneur". In Italia invece, visto che le fusioni e le IPO sono merce rara, gli imprenditori per vedere soddisfatti i loro bisogni devono incrementare. Devono coltivare la propria attività magazzino dopo magazzino, camion dopo camion, prestito dopo prestito. Quel fiume di denaro che altrove ha prodotto ricchezza da noi ha prodotto solo distruzione e miseria. La massa di profitti non ha trovato all'interno dello Stato gli sbocchi desiderati, non è stata assorbita dalla produzione materiale, dato che l'investimento si è progressivamente spostato verso attività finanziarie, in una corsa frenetica che aveva come obiettivo l'aumento illimitato di valore per gli azionisti, in un ottica che assume valore e consistenza solo nel breve periodo. Il capitalismo finanziario, ha gambizzato le pmi italiane. La crisi attuale e la nuova povertà al di là dell' inevitabile scoppio della bolla immobiliare, è figlia del sistema finanziario globale. 

sabato 22 febbraio 2014

IL MONDO VISTO DA MARK LOMBARDI

Mark Lombardi( 23 marzo 1951- 22 marzo 2000)  è stato un americano artista neo-concettuale, che si è specializzato in disegni che documentano presunte frodi finanziarie e politiche da parte di mediatori di potere, e in generale " gli usi e gli abusi di potere". L'artista da sempre affascinato dall'informazione aveva creato un metodo di ricerca, molto personale sulle varie connessioni tra politica e finanza. Con le sue mappe concettuali, disegnava i vari rapporti tra i personaggi e la società della globalizzazione, e i loro sporchi giochi di affari e morte. Lombardi chiamò i suoi diagrammi strutture narrative. Tali strutture sono simili a sociogrammi, un tipo di disegno grafico usato nel campo della social network analysis. La morte di Lombardi, ancora circondata dal mistero, avviene proprio quando il suo lavoro giunge al grande pubblico, grazie alla mostra Greater New York nel 2000. Dopo gli attacchi dell'11 settembre 2001, alcuni agenti dell'FBI contattarono il Whitney Museum of American Art di New York, per studiarne alcuni diagrammi tra cui BCCHCICFAB, 1996-2000. Opera riguardante la connessione tra criminali internazionali, trafficanti di armi, ufficiali corrotti e agenti segreti che si appoggiavano ai servizi della Bank of Credit and Commerce International, che aveva sottratto dodici miliardi di dollari ai propri contribuenti. La rivista Time scrisse che la BCCI era la più grande agenzia criminale della storia. Tra le altre opere ricordiamo inoltre Inner Sanctum : The Pope and his Bankers Michele Sindona and Roberto Calvi, ca 1959-82; Global International Airways and Indian Springs State Bank, Kansas City, ca 1977-83.

I NUOVI RICCHI E L' ARTE DELLA GUERRA DI SUN TZU

Il Bingfa di Sunzi (Sun Tzu) è uno dei libri più citati, osannati, consigliati, tirati in ballo e platealmente fraintesi degli ultimi decenni. Suo malgrado, è diventato un livre de chevet per squali, aspiranti squali e fighetti che si atteggiano a squali, lettura obbligatoria nei corsi di management nonchè di marketing, di branding e tutti gli altri ing dell'odierno aziendalismo e turbo capitalismo. Nelle librerie degli aeroporti internazionali, insogliolato fra operette di self-help e manuali su come fottere il prossimo, si può trovare uno smilzo paperback, cento pagine o poco più. In copertina , su uno sfondo di asfalto e grattacieli, appare un tizio in giacca e cravatta, tiene all'orecchio un telefonino. Ha tratti orientali: occhio a mandorla, zigomo sporgente. Sorride. Sorride perchè è un vincente. E' come si diceva non troppo tempo fa, un rampante. E' un guerriero del nuovo capitalismo globale. La copertina è quella di The Art of War, un ' edizione britannica, Londra, Hodder/Mobius. Tu lettore, puoi essere questo guerriero, dice la copertina. Puoi essere come i cinesi e il loro Pil a due cifre. Se l'arte della guerra fosse davvero la lettura più frequente, amata e ponderata da manager, dirigenti di multinazionali ecc. costoro si accorgerebbero dei problemi molto prima del loro divenire " emergenze" e del loro sfociare in tracolli, disastri finanziari, crisi, esplosioni di "bolle". Se costoro fossero davvero strateghi ( anzichè giocatori d'azzardo che tirano a indovinare passando da una tattica angusta a un'altra ancor più angusta) non si sarebbero adagiati su un tran-tran da eterno presente dei consumi, ignorando ogni segnale d'allarme proveniente dal mondo. Al contrario avrebbero investito sull'emancipazione dal petrolio e altre risorse non rinnovabili. Avrebbero riconvertito ovunque possibile. Avrebbero aggiornato i loro parametri, adeguato la loro idea di sviluppo alla realtà di un pianeta depredato e ormai quasi privo di risorse, per investire su una decrescita creativa e intelligente. Invece grazie alla loro brevimiranza e mancanza di strategia, la decrescita ( processo ineluttabile, dato che stanno finendo idrocarburi, metalli e terra fertile), si annuncia traumatica e velenosa. Per tutti quanti, anche per loro. Nessuno ha già il visto d'ingresso nel mondo che viene. (E non pensiate che la sezione cinese del capitalismo globale sia più attrezzata delle altre ad affrontare la crisi. Tutt'altro. Arrivano ogni giorno esempi di miopia e ipoteche sul futuro da parte di funzionari e mandarini del Celeste Impero. Quel che accadrà laggiù darà nuove connotazioni al termine "ecocatastrofe"). Quelli proposti sopra sono periodi ipotetici un po' patetici vuoti "what if", utopiche ucronie. Il capitalismo non può funzionare diversamente da quanto vediamo ogni giorno. Come modo di produzione è costretto a schiacciare l'avvenire, a fingere che il futuro sia solo quel che è dietro al primo angolo, tempo-preda da catturare e divorare immantinente, alta velocità/voracità, il lungo termine non esiste, riposerò quando sarò morto.Ma lo sei già. Dead Man Walking. La vera arte della guerra , quella di Sunzi, è incompatibile con tutto questo, richiede una mentalità contraria a quella appena descritta. I manager e gli squali di cui sopra possono solo adottarne la retorica di superficie, seguire qualche consiglio tattico secondario, ma non capiranno la lezione di fondo. Sono programmati per non capirla. Sunzi dice: L'ira può tramutarsi in gioia, e l'indignazione in piacere;uno Stato  tuttavia non può risorgere dopo essere stato distrutto, nè può un uomo rivivere dopo essere morto. Un'ovvietà? Chiedetelo a certa gente, che pare ben lungi dal rendersene conto.
                                                                                                                             WU MING 
                                                                                                          www.wumingfoundation.com

Tratto dall'Arte della Guerra edizione Newton Compton Editori. L'editore consente la riproduzione parziale o totale della premessa ad uso personale dei lettori, e la sua diffusione telematica purchè non a scopi commerciali.

domenica 16 febbraio 2014

IL CREDITO NEL REGNO DI NAPOLI

Nel 700, la cultura ritrova a Napoli una nuova stagione creativa. L'occasione è la ristrutturazione della città ed il riassetto dell'intero territorio comprendente le aree vesuviane e flegrea nonchè la terra di lavoro, fino alle pendici dei monti Tifatini, secondo una strategia unitaria. Questo importante programma è dovuto al felice incontro tra il desiderio di magnificenza di Carlo di Borbone che regnò dal 1734 al 1759, ed il genio di architetti quali Vanvitelli, Sanfelice, Vaccaro. Il programma si inserisce in un più generale moto di rinnovamento della cultura e della società napoletana che negli stessi anni, da un contributo originale all'illuminismo europeo , mediante le opere di riformatori quali Genovesi, Galiani, Filangieri. Napoli si mette al passo con le grandi capitali europee, mentre sorprende il mondo con le scoperte archeologiche di Ercolano e Pompei, che divengono insieme ai campi Flegrei, tradizionale luogo di interesse naturalistico e monumentale, mete obbligate di quel grand tour, che impegna ogni viaggiatore colto dell'epoca.* Nel 700 i banchi a Napoli erano sette ( S. Giacomo, del Salvatore, S. Eligio, del Popolo, dello Spirito Santo, della Pietà e dei Poveri). Nella seconda metà del 500, si venne affermando in campo creditizio la tendenza a sottrarre ai privati le operazioni di deposito e di giro, creando delle banche pubbliche che offrissero sicurezza ai depositanti, li agevolassero nei pagamenti e mantenessero anche a disposizione dello Stato una riserva cui valersi per i bisogni finanziari straordinari e impellenti. Tutti questi banchi rimpiazzarono i banchi stranieri, che nel 1604, decaddero e furono abbandonati. Sebbene i banchi fossero meri banchi di deposito, ciononostante, facevano uso del denaro che vi depositavano i commercianti e i cittadini, come fosse un loro patrimonio privato. Oltre alle considerevoli somme che tenevano impiegate nella negoziazione dei pegni, davano denaro a mutuo con interessi, mercè idonea cauzione o assegnazione di arrendamenti. Le fedi di credito erano i biglietti fatti dal banco ossia la cartamoneta che tali banchi, emisero nei due secoli compresi fra il 1587 e il 1805 e che, circolavano nel Regno di Napoli in sostituzione della moneta metallica, costituita dal ducato d'argento. La fede di credito pur non facendo da volano per la crescita economica del Regno, svolse un' importantissima "funzione di ombrello" per gli scambi commerciali e finanziari colpiti da frequenti crisi, che furono tutte superate grazie alla solida fiducia che i napoletani riponevano nei banchi e nelle fedi che essi emettevano. Tale rapporto fiduciario costituì il rapporto immateriale, l'elemento impalpabile , ma reale alla base del successo della circolazione della fede*. La fede di credito era trasferibile mediante girata, su di essa a differenza di altri titoli rappresentativi di depositi, il girante poteva opporre, indicazioni in merito alla causale del pagamento a copertura del quale egli cedeva il titolo, ponendo anche specifiche condizioni, alle quali subordinare il pagamento medesimo. Non mancarono allora come oggi  discussioni sui tassi d'interesse da applicare alle operazioni di finanziamento così Genovesi:(auspicava che la tassa degli interessi fosse modica, perchè, in tal modo si invitano, e si impegnano molte persone a prendere a prestito il denaro, per versarlo in seguito nelle opere dell'industria, nella coltura dei campi, nella economia degli animali, nelle manifatture, nel commercio). oppure Locke: (La tassa dell'interesse poco alterata o molto bassa è in certo modo il vero garante della pubblica prosperità). Nel 1808 sorse il Banco delle Due Sicilie, quale risultato della fusione dei sette confratelli. Sorsero anche i Monti Frumentali, che erano una forma primitiva di credito agrario.  Il Banco delle Due Sicilie nel 1816, si componeva di una Cassa di Corte, per il servizio di tesoreria dello Stato e di una Cassa dei Privati. Con l'Unità il Banco muta la sua denominazione in Banco di Napoli. Nel giugno del 1818, annessa al Banco era sorta una Cassa di Sconto , col capitale di un milione di ducati, anticipati dal Tesoro, ma che in realtà compiva il grosso delle operazioni di sconto, anticipazioni su titoli ecc., col denaro dei depositanti. Nel 1850 dalle sezioni di Palermo e Messina delle Casse di Corte e dei Privati del banco delle Due Sicilie, nacque il Banco Regio dei Reali Domini, al di là del Faro, dal 1860 denominato Banco di Sicilia. In questi Istituti si aprivano conti correnti ( la quantità di denaro era enorme) si conducevano prestiti a mutuo su pegni, come negli antichi banchi. Secondo la Collet, tra i rendimenti dei diversi gruppi di Bond prima e dopo l'Unità, quelli del regno delle Due Sicilie prima del 1861 pagavano i tassi più bassi: 4,3% 140 punti base in meno delle emissioni Papali e di quelle Piemontesi, e 160 in meno rispetto a quelle Lombardo-Veneto. Insomma il Regno di Napoli economicamente era per l'Italia quello che oggi la Germania è per l'Eurozona. In Quaderni di Storia Economica di Bankitalia n.4 luglio 2010, Stefano Fenoaltea e Carlo Ciccarelli, affermano: L'arretratezza industriale del Sud, evidente all'inizio della prima guerra mondiale, non è un'eredità dell'Italia pre unitaria. Le tabelle pubblicate da Fenoaltea e Ciccarelli mostrano che nel 1871, il tasso di industrializzazione del Piemonte era del 1.13%, quello della Lombardia 1.37% quello della Liguria 1.49%. L'indice di industrializzazione della Campania era dello 1.01, con Napoli, nel dato provinciale all'1.44 e quidi più di Torino che era solo all'1.41%.

  • Fonte : I giardini storici di napoli di Aldo L. Rossi/ Emma Buondonno
  • Fonte: La circolazione della moneta fiduciaria a napoli nel 600 700 di Balletta

martedì 11 febbraio 2014

GLOBALIZZAZIONE E MEZZOGIORNO

La globalizzazione è un processo di interdipendenze economiche, sociali, culturali, politiche e tecnologiche i cui effetti hanno una rilevanza planetaria. L'Organizzazione Mondiale del Commercio più nota come WTO, è il grande motore della globalizzazione. Il WTO ha sede a Ginevra, e rappresenta oggi 159 Governi incluso quello Italiano. I Liberisti che nella loro teoria prevedono la libera iniziativa e il libero mercato, riducendo l'intervento dello Stato nell'economia, alla costruzione di adeguate infrastrutture, che possano favorire il mercato, affermano che la globalizzazione delle economie determina importanti opportunità di sviluppo. Annoverano tra gli aspetti positivi della globalizzazione, la velocità delle comunicazioni, e delle informazioni, l'opportunità di crescita per i Paesi a lungo rimasti ai margini dell'economia, la contrazione della distanza spazio-temporale e la riduzione dei costi per l'utente finale grazie al'incremento della concorrenza. Ma quali sono i pericoli del progressivo trasferimento di sovranità democratica dagli Stati-Nazione ad entità internazionali e sovranazionali con grado imperfetto di democrazia, non lo dicono. Il pericolo maggiore e che tutto ciò che compone la nostra esistenza, viene trasformata in merce di scambio, dall'istruzione alla cultura, dai servizi bancari alla salute. Così quando, l'Europa ha decretato che la carne americana, trattata con ormoni artificiali, al contrario della nostra (come documentato da Report), è pericolosa per la nostra salute e ha deciso di non importarla, la precauzione è costata 340 mld di sanzioni americane. Una ritorsione decisa all'Organizzazione Mondiale del Commercio nel nome delle regole della globalizzazione. La globalizzazione è inoltre asimmetrica, ci sono consistenti prodotti, da tutto il mondo, verso l'Unione Europea e verso l'Italia, mentre l'accesso a molti mercati, continua con le scuse più disparate ad essere negato ai nostri prodotti. Fra le vittime italiane si contano i pomodori pelati, i succhi di frutta, ma è soprattutto il tartufo ad essere penalizzato. Il tartufo è uno dei nostri prodotti più pregiati e lo esportavamo in grandi quantità negli stati Uniti. Ciò creava reddito per le aziende e per i lavoratori. Ma poi gli Stati uniti hanno deciso di tassare il tartufo al 100%, sbarrandogli la strada. Chi l'ha deciso il WTO nel nome della globalizzazione. In questo scenario un ruolo determinante viene rivestito dal Trans Atlantic Business Dialogue. Il TABD è stato lanciato nel 1995. per risolvere i contrasti e eliminare le barriere agli scambi tra l'Unione Europea e gli Stati Uniti. Ma il TABD è anche  la più potente lobby industriale del mondo che indirizza la politica delle scelte in seno al WTO.  E' in questo scenario, il rapporto Amnesty International, afferma che con la globalizzazione il potere scivola dalle mani degli Stati e si sposta silenziosamente in quelle delle multinazionali. Nel Mezzogiorno, l'eccessiva frammentazione del sistema imprese, che non consente adeguati investimenti in particolare in ricerca e sviluppo, la limitata patrimonializzazione, l'elevato grado d'indebitamento, sbilanciato verso le scadenze a brevi, la mancanza di infrastrutture, la mancanza di banche dinamiche e competitive, sono vincoli e che condizionano la crescita e che impediscono alle piccole imprese di fronteggiare l'accresciuta concorrenza. La globalizzazione nel Mezzogiorno non ha prodotto, importanti opportunità, anzi le imprese sono state esposte in misura crescente alla concorrenza internazionale, ai mutamenti delle condizioni del mercato di sbocco, ai rischi connessi con l'instabilità dei sistemi finanziari dei singoli paesi. Nel Mezzogiorno mancano distretti industriali, ovvero una forte concentrazione territoriale di imprese che appartengono alla medesima filiera produttiva in cui ci sono PMI ad elevata specializzazione. Stenta la creazione di rete d'imprese, ovvero aziende giuridicamente autonome, i cui rapporti su relazioni fiduciarie e in qualche caso su contratti, che si impegnano attraverso investimenti congiunti a realizzare un'unica produzione. In questo contesto mi chiedo che senso ha parlare di globalizzazione? Eric J. Hobsbawn, nel suo saggio " Il secolo breve" del 1996 descriveva così il futuro mondiale in un' economia sempre più globalizzata. Se l'umanità deve avere un futuro nel quale riconoscersi, non potrà averlo prolungando il passato o il presente. Se cerchiamo di costruire il terzo millennio su questa base falliremo. E il prezzo del fallimento, vale a dire l'alternativa a una società mutata è il buio. 

domenica 9 febbraio 2014

LA CRISI E IL SUD

Nel 2012 arrivano il Fiscal Compact e il Mes, il nostro Parlamento li ratifica nel luglio 2012. Il debito pubblico dell'Italia ammonta a circa 200 mld e il rapporto debito/pil è pari al 126%. Per arrivare al 60% imposto dal fiscal compact, l'Italia deve ridurre del 5% per i prossimi vent'anni tale rapporto. L'adesione al fiscal compact ci vincola a ridurre la spesa pubblica e ad aumentare le entrate, per risparmiare i 50 mld l'anno. In che modo si può fare? Ovviamente aumentando le tasse e trovandone delle nuove. L'Italia è vincolata al pareggio di bilancio e per dirla come Paul Krugman premio nobel per l'economia nel 2008, inserire in Costituzione il vincolo di pareggio di bilancio, può significare la vera e propria dissoluzione dello stato sociale. Mentre i politici, chiedono che l'Italia si riappropri della propria sovranità, da inserire in Costituzione, e in nome della propria sovranità andare a negoziare, per chiedere un alleggerimento alla imposta politica di austerità; nel Mezzogiorno, il Pil pro capite continua ad assottigliarsi. Riprendersi dalla crisi al Sud più che nel resto del Paese, appare al momento molto difficile. La carenza di infrastrutture e servizi di trasporto efficienti, la tendenziale desertificazione imprenditoriale, l'assenza di distretti, le caratteristiche inadeguate del capitale umano, l'inefficienza della PA locale, la presenza della criminalità organizzata, il costo del lavoro legato alla collocazione geografica, le difficoltà incontrate nell'accesso al credito, sono tutti elementi che provocano disagi alle pmi locali, vero motore trainante dell'economia del sud, ma sono anche elementi ostativi ai capitali sia nazionali che internazionali. Ma è soprattutto la stretta creditizia a destare maggiore preoccupazione. Secondo un'indagine condotta dalla CGIAA di Mestre, la contrazione di credito alle famiglie si è fatta sentire soprattutto al Sud. Dei 5 mld di euro in meno che sono stati concessi alle famiglie italiane quasi 3 mld pari al 59% del totale, sono stati tagliati alle famiglie del Mezzogiorno. Per contro si consolida il rischio usura proprio in alcune realtà del profondo Sud. In questo clima di ristagno economico dove le piccole e medie imprese riescono a malapena ad agire sull'indebitamento a breve senza avere alcuna possibilità di programmazione, il bisogno di denaro che per le stesse è sempre legato a piccole somme, spinge taluni imprenditori al ricorso al "credito clandestino".

sabato 8 febbraio 2014

CONSUMISMO E INDEBITAMENTO DELLE FAMIGLIE

Nel 1916, Wilson fece un discorso agli americani, che aveva più o meno questo significato: fate in modo che le vostre idee e la vostra fantasia, siano esportate in tutto il mondo. Andate all'estero, forti di essere portatori di libertà, e in nome di quella libertà, vendete loro i vostri prodotti. Negli anni cinquanta negli USA, il miglioramento delle tecniche di produzione, parallelamente all'aumento del potere d'acquisto dei cittadini, portò a un notevole aumento dei consumi. Il modello americano andava esportato, per permettere alle aziende americane di vendere i loro prodotti in tutto il mondo. Si incominciò così a vendere merce inutile a persone che fino a quel momento, erano riuscite a vivere, tranquillamente , senza possederle. Il consumismo diventava così il nuovo mediatore universale. Contemporaneamente in Italia il boom economico spingeva sempre più cittadini a conformarsi al modello americano. Nasceva la triade dei consumi. Tutti ma proprio tutti desideravano possedere più alimenti di quanto necessitavano, casa da sogno, vestiti più belli. Si comprava per un proprio status simbol. Un ruolo fondamentale lo giocarono i mezzi di comunicazione, con i loro filmati di educazione al consumo. Nel 1957, infatti in Italia nasceva carosello. Negli anni che vanno dal 60 al 70, i grandi esportatori di petrolio chiudono i rubinetti. La crisi che ne derivò fece indicare a tutti il consumismo , con tutti i caratteri negativi, che oggi ne conosciamo. L'economia si riprese e negli anni 80 nacquero le tv commerciali. Sono gli anni della Milano da bere. IL designer rivoluziona la produzione industriale, sono gli anni degli stilisti, dei pubblicitari degli acquisti fatti per guadagnare nella scala sociale. Nascono i centri commerciali, quali templi del consumo. Le persone acquistano oltre le loro capacità di rimborso. Si compra tutto a rate, telefonini all'ultimo grido, videocamere televisori. Le finanziarie fanno affari d'oro le carte di credito in giro emesse dagli istituti di credito aumentano in modo vertiginoso di numero, le multinazionali riescono a rifilare ogni sorta di prodotto, che vengono acquistati al di là delle loro prestazioni. Così quando arriva la crisi nel 2000, le famiglie italiane, sono già sull'orlo del baratro, essendo già pesantemente indebitate. I beni superflui per anni propinati come utili droghe e materiali con i quali miscelare e comporre efficaci e forti medicine di cui la vita dell'uomo non può fare a meno in realtà sono cose vane, sono tentazioni a cui non corrisponde nessuna necessità. La crisi che stiamo vivendo è figlia del capitalismo finanziario ma è anche conseguenza della mancanza di regole morali e civili. La mancanza di educazione finanziaria spinge tutti ad indebitarsi oltre modo. Serve temperanza, continenza per rinunciare alle cose che i mass-media, le pubblicità, le multinazionali ci riversano innanzi con profusione, l'intelletto ci deve spingere oltre ogni limite e sazietà. Tutti siamo stati inamidati in un meraviglioso conformismo, ci hanno propinato una vita piacevole, l'unica cosa che ci hanno chiesto e di essere un popolo ignorante e indolente, essere cocciuti asini comuni.   

giovedì 6 febbraio 2014

AL SUD VINCE IL MODELLO DELLE TRE R

In un economia ingessata come quella del Mezzogiorno d'Italia, il futuro passa esclusivamente dall'internazionalizzazione. L'internazionalizzazione è un percorso, lungo, difficile e che richiede investimenti. Ci sono una serie di problemi che rallentano tale percorso. Una scarsa propensione culturale, le ridotte dimensioni delle aziende e il costo del denaro elevato. In questo contesto vince il modello delle tre R, ovvero rinuncia-rinvia-risparmia. Il costo elevato del credito al Sud,  si ripercuote sulla competitività del sistema imprese. Le piccole imprese del Sud, che riescono a malapena ad agire sul'indebitamento a breve,  senza avere alcuna possibilità di programmazione, hanno scarse possibilità nei confronti delle loro dirette concorrenti sui mercati internazionali. E' anacronistico e ingiusto far pagare il denaro al Sud più che al Centro Nord. Altrettanto assurdo è che per sanare i buchi di bilancio regionale, di certo non creati dagli imprenditori, così come rivela un'indagine Cer, rapportando il gettito effettivo derivante dall'Irap e dalle addizionali locali sull'Irpef al valore aggiunto regionale, la Campania applichi  una pressione fiscale maggiore, circa il doppio rispetto al Trentino e alla Val D'Aosta. E' superfluo dirlo, ma servono provvedimenti atti ad equlibrare, squilibri atavici, che sussistono e sopravvivono anche per una evidente mancanza o limite delle istituzioni.

domenica 2 febbraio 2014

IL RUOLO DEL CREDITO NEI PROCESSI DI SVILUPPO LOCALE


Il credito è un prius dei processi di crescita del territorio. Riveste un ruolo centrale, come fattore di sviluppo locale e istituzione di sostegno alla crescita delle imprese. Nelle aree sviluppate ma soprattutto nelle aree  in ritardo di sviluppo e in declino industriale, la presenza di un'efficiente struttura finanziaria costituisce una delle premesse indispensabili per il decollo del processo di sviluppo economico. Nel nostro Paese, la nascita e la crescita del sistema imprenditoriale, è storicamente legato al ruolo svolto dalle banche, sia per quanto riguarda il finanziamento degli investimenti, sia per quel che concerne il finanziamento del funzionamento ordinario delle imprese. L'Italia è dunque, tradizionalmente bancocentrica, ma è anche il Paese Europeo con il maggior numero d'imprese. Le micro e piccole imprese fino a 20 addetti, infatti connotano la struttura imprenditoriale del nostro Paese, rappresentando il 98,1% delle imprese e il 58,7% degli addetti. La quota di occupati nelle micro piccole imprese è del 54,6%, quasi il doppio della Francia e del Regno Unito. Nonostante la stretta creditizia abbia interessato tutto il Paese Italia, il circuito del credito presenta palesi asimmetrie tra Nord e Sud. Il circuito così com'è, indebolisce sempre più le realtà regionali più povere, favorendo la persistenza delle disparità territoriali.. Nel Nord Italia dove esiste un livello di sviluppo più elevato ed una organizzazione d'impresa più strutturata, le banche  soddisfano la domanda di credito delle imprese a costi più bassi, rispetto ad altre aree del Paese più arretrate. Esiste una correlazione inversa tra il livello del PIL pro capite e quello del tasso d'interesse: tanto più elevato è il primo, tanto più basso risulta essere il secondo. La formazione del costo del denaro a livello locale non è esclusivamente legata al maggiore o minore livello delle sofferenze, ma anche agli effetti di fattori non creditizi, come il livello del PIL pro capite e la presenza di distretti. Nel Nord del Paese le relazioni banca imprese, sono favorite dalla presenza di un tessuto di PMI, spesso organizzato in distretti, che riducendo il fattore rischio , contribuiscono alla formazione di un costo del denaro più a buon mercato e una disponibilità di credito più elevata. Tassi di interesse più bassi favoriscono la propensione al'investimento produttivo da parte delle singole imprese a livello micro e contribuiscono ad una maggiore crescita del PIL provinciale a livello macro.