venerdì 18 aprile 2014

La Multinazionale Trafigura e i rifiuti tossici in Africa

Costa d'Avorio rapporto tossico 



Child covered in lesions after Trafigura waste disposal
A child whose body is covered in lesions. According to the child's parents, the skin condition was caused by the toxic waste. Trafigura disputes this. Photograph: Issouf Sanogo/AFP
A pot of £30m compensation due to be paid to thousands of African victims of toxic waste may end up being stolen thanks to the Ivory Coastregime's corruption, their lawyers said today.
The money was handed over by oil traders Trafigura in an out-of-court settlement in London and deposited in a bank in the west African state's capital, Abidjan, ready to be shared out in cash to each of the 30,000 victims. But the entire sum has been frozen in a sudden move backed by the local state prosecutor, according to Martyn Day, the senior partner at Leigh Day, the London lawyers who won the landmark settlement.
Moves are now in train, he said, to order all the cash to be handed over to a local group claiming to represent the victims. At the same time, Day has received a request to meet representatives of a senior Ivorian figure in Paris, to agree to come to an "arrangement".
"Blatant corruption" could be occurring, Day, who has flown back to London from Ivory Coast, said today. "There is a very serious risk that the compensation monies will simply disappear and our clients will see none of it."
Mr Justice MacDuff, the UK trial judge in the compensation case, issued a declaration today saying that the court was "deeply concerned" because to hand over the £30m to anyone else would frustrate the order of the English court.
The local court in Abidjan is due to rule on the claim this week.
These developments follow the resolution of a bitterly fought compensation case in which Trafigura, a London-based multinational oil-trading company, became internationally notorious after issuing a so-called super-injunction, which had the effect of preventing reports of a question asked in parliament.
Hundreds of tonnes of sulphur-contaminated toxic oil waste were cheaply dumped on landfills and in ditches around Abidjan in 2006. The cargo ship had been chartered by Trafigura. In the weeks after, the fumes caused thousands of sick people to besiege local hospitals.
Day said today that, after Trafigura agreed to hand over £30m to compensate those made ill, his firm had arranged an elaborate system of pin cards with the bank in Abidjan to allow local people, most of whom did not have bank accounts, to withdraw cash worth approximately £1,000 each. He said: "On 22 October, we were served with an order freezing the payment of the compensation."
A local figure claimed to be president of the "National Co-Ordination of Toxic Waste Victims of Côte d'Ivoire", which was said to represent the victims. He applied to have all the money transferred to the alleged association's account and out of Leigh Day's hands.
Day said the association's claims were "false in all respects".
One of the lawyers' local employees then warned "he had been contacted by a highly influential figure within Ivorian judicial and financial circles … This man had requested to meet me in Paris to see if an 'arrangement' could be reached in relation to the interest accruing on the clients' account. He let it be known he could arrange for the freezing order to be dropped if I agreed to the interest being paid to him."
Day refused to go along with this suggestion. A few days later, the Ivorian state prosecutor announced that the compensation money should be transferred – a stance that local lawyers said the Abidjan court was likely to accept.
"We are extremely wary that if the funds are transferred the compensation will not be distributed among the claimants," Day said. Instead, it was likely to end up in the hands of shadowy powerful figures.
The vulnerability of Ivory Coast officials to corruption formed part of the background to the original environmental disaster when the waste was dumped.
A by-product of primitive attempts to decontaminate a tanker-load of cheap Mexican gasoline, Trafigura's toxic waste consisted of hazardous and unstable sulphurous compounds that should have been disposed of by expensive specialist treatment. Eventually a contractor with no experience or facilities agreed to truck away the waste cheaply.



  • Quando Newsnight investigò per la prima volta sullo scandalo dei rifiuti tossici nel 2007, uno dei fondatori della Trafigura, Eric de Tur­kheim, disse: «Queste sostanze non erano pe­ricolose per la salute umana. Erano puzzolenti, ma non pericolose». Affermazioni incredibili, alla luce di quanto avvenuto: secondo il tossi­cologo John Hoskins della Royal Society of Chemistry infatti, un carico simile di rifiuti tos­sici sarebbe stato in grado di mettere in ginoc­chio un'intera città.

  • Il Minton report
    La posizione della Trafigura si fa sempre più difficile. L'll settembre del 2009 Carter-Ruck, legale della multinazionale specializzato in diffamazione, si presenta in tribunale per ottenere un'ingiunzione d'emergenza, affinché il Guar­dian non pubblichi il Minton report.Questo rap­porto, commissionato nel 2006 dai consulenti scientifici della Trafigura, affermava che, sulla base delle poche informazioni disponibili, i ri­fiuti scaricati nella città di Abidjan sarebbero stati potenzialmente tossici e in grado di cau­sare gravi effetti sulla salute umana. Emergeva dunque la coerenza dei drammatici problemi medici tra gli abitanti di Abidjan con il rilascio della nube di acido solfidrico. Gli effetti avreb­bero potuto includere gravi ustioni esterne sulla pelle, ustioni interne ai polmoni, danni agli occhi e ulcerazioni permanenti. Persino il coma o la morte. Inoltre la Probo Koala tra­sportava un carico di nafta, successivamente"addolcita" a bordo della stessa nave per ri­durre il suo contenuto di zolfo, producendo un miscelato d'olio che sarebbe stato poi utilizzato per produrre benzina. L'autore del rapporto, John Minton, affermò che lo scarico di rifiuti sarebbe stato illegale in Europa e che il metodo corretto di smaltimento sarebbe dovuto essere un trattamento chimico specifico, chiamato os­sidazione dell'aria umida.
    Il tentativo dello studio Carter-Ruck" sem­brerebbe, di conseguenza, finalizzato a soppri­mere, nell'ambito di un'azione di diffamazione nei confronti del Guardian, qualsiasi informa­zione contenuta nel Minton report. L'ingiun­zione rimane a lungo segreta e i legali della Trafigura riescono a impedire che il Minton re­port venga pubblicato, mettendo il bavaglio all'autorevole quotidiano inglese ".
    Ci pensò Wikileaks a sbloccare l'empasse. Il 14 settembre 2009 il rapporto fu messo online. Emergeva che 108 mila persone erano state co-strette a cercare assistenza medica in Costa d'Avorio a causa degli effetti dei rifiuti tossici. La notizia verrà ripresadall'Independent il 17 settembre e da Bbc News, ma entrambi la rimossero dai propri siti molto rapidamente, forse per effetto delle pressioni operate dagli avvocati di Trafigura. Ma internet non segue le re-gole e i vincoli dei media classici, così numerosi blogger, indignati per questa totale censura, caricano i video su YouTube. A completamento del quadro, Wikileaks pubblicherà la difesa della Bbc contro l'effettiva querela per diffamazione avanzata dai legali della Trafigura.
    La notizia non è più segreta, dunque, e Trafigura sviluppa un'altra strategia per non affrontare le proprie responsabilità, affermando che il rapporto era stato tenuto nascosto solo perché preliminare e impreciso. Il 20 settembre 2009, dopo un rapporto delle Nazioni Unite che ulteriormente confermava la relazione tra lo scarico dei rifiuti e le intossicazioni degli abitanti di Abidjan, Trafigura annunciò di voler pagare un ulteriore pacchetto di compensa-zione, oltre ai 152 milioni già pagati nel 2007: 46 milioni di dollari, 1546 dollari a testa per le 31 mila persone colpite.
    Secondo l'accusa anche la municipalità di Amsterdam e le autorità portuali furono responsabili per il ripompaggio delle sostanze nell'imbarcazione, che successivamente fece rotta verso Lagos, in Nigeria, per approdare con il suo carico letale ad Abidjan. Una commissione del governo ivoriano ha stabilito che Trafigura era a conoscenza della mancanza di impianti per l'immagazzinamento dei rifiuti in Costa d'Avorio, ma decise comunque consapevolmente di farli scaricare. La commissione ha inoltre sostenuto che la Compagnie Tommy sarebbe stata una società di facciata, creata appositamente per gestire i rifiuti, e sarebbe stata istituita nel periodo compreso tra la decisione di Trafigura di non pagare il costoso smalti-mento dei rifiuti ad Amsterdam e l'arrivo della nave ad Abidjan. Sempre secondo il rapporto della commissione, la responsabilità della tragedia è condivisa dal porto di Abidjan, dai funzionari doganali, dai ministeri dei Trasporti e dell'Ambiente e dalle autorità locali. Sembre­rebbe che la corruzione abbia contribuito non poco a favorire questi scarichi illegali.
    Quello della Trafigura è stato sicuramente il disastro ambientale più grave nella storia della Costa d'Avorio. Sotto processo ci sono i re­sponsabili delle autorità portuali ivoriane, che diedero il via libera allo scarico del materiale, e i vertici della Compagnie Tommy, la società responsabile del loro effettivo trasbordo. Ma la grande indiziata, la compagnia olandese Tra-figura, cui apparteneva il carico, se la cava grazie al precedente accordo siglato con il go­verno ivoriano: i 152 milioni di euro l'hanno messa al riparo da qualsiasi altra conseguenza giudiziaria .
    Eppure il 23 luglio 2010 il Tribunale di Am­sterdam ha condannato la multinazionale al pagamento di una multa di un milione di euro; un dipendente della Trafigura, Naeem Ahmed, coinvolto nelle operazioni della nave ad Am­sterdam, è stato multato con 25 mila euro; Ser­giy Chertov, il capitano della Probo Koala, è stato condannato a cinque anni di reclusione, con sospensione. Una magra consolazione per i familiari delle vittime e per le migliaia di in­tossicati. E se Wikileaks non avesse pubblicato il Minton report?

    da WIKILEAKS. IL LIBRO DEI FATTI CHE NON DOVEVATE SAPERE, di Ludovica Amici, Editori Riuniti, 2010

Nessun commento:

Posta un commento