lunedì 14 aprile 2014

La Camorra è stata sottovalutata............

In un’intervista alla giornalista Marcelle Padovani, il giudice Giovanni Falcone disse: "Credo dovremmo ancora per lungo tempo confrontarci con la criminalità organizzata di stampo mafioso. Per lungo tempo, non per l’eternità: perché la mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una sua fine".

La Camorra quella sconosciuta.....




Era un clan di Stato, la mafia e la camorra non potevano esistere se non era lo Stato.... Se le istituzioni non avessero voluto l'esistenza del clan, questo avrebbe forse potuto esistere? In tutti i 106 comuni della Provincia di Caserta, noi facevamo i sindaci di qualunque colore fossero. A Villa Literno abbiamo fatto eleggere dieci consiglieri. La sera li abbiamo riuniti ne mancava uno. Io li ho riuniti e ho detto loro: tu fai il sindaco, tu fai l'assessore e via di questo passo. Mi hanno detto ma manca un consigliere per avere la maggioranza. All'epoca c'era Zorro, il quale era capo zona è dipendeva da me; ho detto andate a prendere Enrico Fabozzo e lo facciamo diventare democristiano. Infatti lo facemmo assessore al personale. La sera era comunista e la mattina dopo diventò democristiano. E' così che si facevano le amministrazioni. Il settore dell'immondizia era gestito come soldi, dall'avvocato Chianese, il quale era il coordinatore a livello un pò massonico e un pò politico. Parecchi avevano il grembiulino vecchi grembiuli..... Non fanno più politica ammazzare i morti è inutile. Ex democristiani, ex socialisti, non è che fossero del clan, purtroppo ognuno ha un solo voto e per raccogliere tanti voti, soprattutto in certe zone, ci vogliono tante amicizie. So che Cerci stava molto bene con un signore che si chiama Licio Gelli. ( Carmine Schiavone).
Negli atti della Commissione Parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari XI legislatura si legge:" La camorra è stata sottovalutata. La prima commissione, istituita nel 1962, non se ne occupò, ritenendola un fenomeno non assimilabile a quello mafioso. Una sentenza del tribunale di Napoli del 1981, anno del sequestro Ciro Cirillo e del predominio dell'organizzazione di Raffaele Cutolo, spiegava che le misure di prevenzione contro la mafia non potevano essere applicate alla camorra. Ne è stata mai presentata in Parlamento una relazione sulle organizzazioni camorristiche. Tuttavia nel decennio 1981/1990 in Campania si commettono 2.621 omicidi. Le organizzazioni camorristiche con circa 111 clan ed oltre 6.700 affiliati, rappresentano in una regione che ha 549 comuni e 5.731.426 abitanti, una vera e propria confederazione per il governo criminale del territorio con decise capacità di condizionamento dell'economia, delle istituzioni, della politica, della vita quotidiana dei cittadini".

Spargimento di sangue e violente guerre di camorra, pentitismo, relazioni con la politica, conclamate speculazioni sul terremoto dell’Irpinia, ingenti somme di denaro di cui disporre, centinaia di morti sul campo, vittime innocenti.

Tutto ciò era stata la camorra negli anni Ottanta. Mai silenziosa, non si era mai nascosta. Eppure solo nel 1993, nel clima di antimafia diffusosi in tutto il paese dopo gli attentati ai giudici Falcone e Borsellino, fu redatta da un organismo politico, ovvero dalla Commissione Parlamentare antimafia, la prima relazione organica sulla camorra.

Si tratta di un “
documento storico”, come Isaia Sales lo definisce nelle prime righe della prefazione, tale perché viene dopo anni di silenzio e perché, per la prima volta, si supera l’indifferenza e la sottovalutazione del fenomeno che si impone con forza all’attenzione dei politici superando la secolare sottovalutazione.

Mentre di mafia, infatti, si è spesso parlato, di camorra si è detto sempre troppo poco. Considerata a lungo fenomeno plebeo delinquenziale, espressione del popolino, non paragonabile alla mafia in quanto incapace di tessere relazioni con l’alto, la camorra ha subìto una lunga sottovalutazione.

A rompere il silenzio arrivò, dunque, il 21 dicembre 1993 il «Rapporto sulla Camorra», relazione della Commissione Parlamentare Antimafia, presieduta da Luciano Violante. Per la prima volta la camorra viene guardata non attraverso la lente obliqua delle sue relazioni con mafia e trafficanti internazionali, ma nella sua presenza sul territorio, nella sua capacità di tessere relazioni – locali e nazionali - con la società e la politica. L’introduzione alla Relazione insiste sulla modernità della stessa camorra, fortemente “reattiva alle particolari condizioni economiche e sociali che di volta in volta si determinano […] Essa è capace di convivere con la modernità, di venirne quasi allevata, e ricompare più forte, violenta e insidiosa” di prima, «spia violenta» del fallimento dello sviluppo della società stessa.

Carattere plebeo e meno interclassista e rapporto intermittente con i ceti possidenti la differenziavano dalla mafia, secondo il Rapporto, mentre l’estorsione è la cifra caratterizzante del fenomeno subalterno storicamente «rispetto al potere politico con il quale sembrava avere un rapporto “mercenario”, piuttosto che organico. La camorra faceva favori ai ceti dominanti in cambio di potere e di tolleranza sui proprio affari illegali».


Il salto di qualità della camorra viene collegato dal Rapporto alla crescita di potere di una specifica classe dirigente, quella della Democrazia Cristiana. 
Questa idea di fondo di matrice ideologica, il guardare alla camorra nella chiave della differenza con la mafia e il fatto di basarsi su atti di inchieste giudiziarie (accuse, dunque, e non sentenze) sono i limiti di questo documento che resta, comunque, “storico”.

Divisa in tre parti, la Relazione prosegue con la descrizione della struttura delle organizzazioni camorristiche, delle realtà nelle quali si insinua, dello sviluppo e delle relazioni della camorra moderna.

Gli ultimi trent’anni della storia della camorra sono stati caratterizzati da sanguinosissime guerre che hanno fatto registrare più di 3.500 omicidi.

Dopo quella che contrappose NCO ed NF agli inizi degli anni Ottanta - la più sanguinosa in assoluto - seguì, nel cuore degli anni Ottanta, una lotta interna alla Nuova Famiglia. Lo scontro sta volta fu guidato dai Bardellino da un lato e dai Nuvoletta dall’altro. Alla fine del sanguinoso decennio e inoltrandoci negli anni ’90, invece, si registrarono in Campania guerre di assestamento per il predominio del territorio che videro emergere la provincia, con gli Alfieri e lo storico clan nolano, da un lato, e i Casalesi dall’altro.
La metà degli anni Novanta è, invece, sconvolta dalla durissima guerra tra l’Alleanza di Secondigliano (Contini-Licciardi e Mallardo), sull’area Nord ovest di Napoli, e i clan del centro storico e della periferia orientale, 
Misso, Mazzarella,Giuliano e Sarno, storiche famiglie della camorra cittadina. Dal 1995 al 1999 la città e la periferia di Napoli videro cadere sul campo centinaia di persone uccise in pieno centro storico e in pieno giorno.

L’ultima sanguinosa guerra che il territorio napoletano ha registrato è quella che ha visto la contrapposizione tra il clan Di Lauro, capeggiato dal boss
 
Paolo Di Lauro, e i cosiddetti “Scissionisti” o “spagnoli”, guidati da Raffaele Amato: in sostanza una cellula della cosca si separa dal “gruppo dirigente” e avvia una sanguinosa faida interna. Analoga la vicenda verificatasi all’interno del clan Misso, tra l’inverno e la primavera del 2006. Per la sua crudeltà, la guerra di Scampia, che ha visto l’apice delle vi olenze tra il 2004 e il 2005, ha attirato l’attenzione di televisioni e media da ogni parte del mondo.

Se oggi a Scampia gli scissionisti hanno ormai conquistato il predominio, controllando la quasi totalità delle piazze di spaccio, sottratte ai Di Lauro, il 2009 ha visto crescere e consolidarsi, nel resto della città,  il potere dei Sarno di Ponticelli, negli ultimi mesi decimati però da operazioni delle forze dell’ordine  e dalle rivelazioni di una nuova ondata di pentiti: l’ultimo collaboratore “eccellente” è Ciro Sarno, detto il “sindaco”, a lungo boss del gruppo criminale di Napoli est.
Sulla zona del casertano, invece, indiscusso è il controllo dei casalesi, sebbene la cosca sia stata destinataria, negli ultimi due anni, di durissimi colpi sferrati dalla magistratura e dalle forze dell’ordine. Con la chiusura del Processo Spartacus sono stati condannati all’ergastolo i suoi più potenti affiliati, a partire dal boss Francesco Schiavone e Francesco Bidognetti, fino ad arrivare ai pericolosi latitanti Antonio Iovine e Michele Zagaria. Nella seconda metà del 2008 il clan è stato interessato da una cosiddetta “fase stragista”, guidata dal pericoloso killer Giuseppe Setola, poi arrestato nel gennaio 2009.
Ma quali sono i numeri e quali i campi d’azione della camorra oggi? 40 i clan a Napoli, di cui 35 egemoni e 5 minori; 41 egemoni e 14 minori nella Provincia; 9 a Benevento e provincia, tra i quali 6 egemoni e 3 minori; 4 ad Avellino; 13 a Salerno. Un unico cartello a Caserta e provincia: quello dei Casalesi.
Questi i numeri diffusi dalla Relazione del Ministero dell’Interno al Parlamento sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia nel secondo semestre del 2008.
La camorra si presenta fortemente capace di infiltrarsi nella sfera imprenditoriale, di penetrare nel campo produttivo campano e di inquinare segmenti di mercato particolarmente redditizi, come quello del ciclo dei rifiuti. Pervasiva e penetrante, la camorra costituisce “un fenomeno parassitario di elevate dimensioni globali a livello regionale, tanto da costituire una pesantissima remora sulle ordinate prospettive di sviluppo”.

’O sistema è struttura fluida, policentrica e conflittuale capace – sua grande forza - di saldare le forme associative più strutturate con la criminalità comune. A Napoli e nel suo hinterland sembra resistere il “modello gangsteristico”, caratterizzato da instabili equilibri e da un rapido turn-over delle alleanze e delle conflittualità. Ma è nella città di Caserta, e nello specifico nell’Agro Aversano, che si registra l’espressione più evoluta del “sistema camorristico”, dove il sistema si è evoluto in un modello di camorra imprenditrice, con traffici illeciti di portata transnazionale. Con grosse capacità di infiltrazione in redditizi ambiti economici e l’indiscussa forza militare, i Casalesi si sono oggi estesi nell’intera provincia casertana e nel basso Lazio, esercitando una fortissima pressione criminale sul territorio, con la collusione di ampi settori della società civile.

Diverse le tipologie di guerre che si sono consumate sul territorio campano. Gli scontri hanno visto contrapporsi interi cartelli criminali per il dominio di un grosso territorio o mercato, come nel caso della NCO contro la NF, oppure dei Badellino-Alfieri contro i Nuvoletta-Gionta, ma anche dell’Alleanza di Secondigliano contro Misso, Mazzarella e Sarno. Si tratta di guerre totali che arrivano a interessare gran parte del territorio regionale. Di diverso tipo sono le faide, più circoscritte a un territorio, finalizzate al dominio di una porzione dello stesso. Faida fu quella, ad esempio, tra i Giuliano e i Misso, clan fortissimi e limitrofi, tra Forcella e la Sanità. Scissioni, invece, sono le guerre interne a un clan, dove una costola si stacca e fa la guerra. Quella all’interno del clan Di Lauro e, tra le più recenti, quella nel clan Bidognetti, con la scissione del gruppo di fuoco di Giuseppe Setola.

Ma quali sono i mercati più redditizi? Primo è quello delle sostanze stupefacenti, al quale si affiancano estorsione e usura, che per la camorra tutta rappresentano una fonte primaria di reddito e, da sempre, di controllo del territorio. Produzione illecita e commercializzazione di articoli ed accessori di pelletteria, di capi d’abbigliamento contraffatti sono altri importanti campi che delineano il grandemercato del falso, non solo produttivo ma anche di scarso allarme sociale per cui facilmente praticabile. Significativo è, in Campania, anche il campo delle infiltrazioni e del condizionamento della Pubblica Amministrazione, con la regione che conferma, anche nel 2008, il triste primato per gli Enti commissariati. Altro campo fertile è quello del riciclaggio e del reinvestimento di proventi illeciti, con l’acquisizione, attraverso prestanome, di immobili, attività commerciali ed esercizi pubblici ma soprattutto l’investimento si dirige oggi verso realtà societarie. Pervasività dei gruppi criminali, uso della violenza, capacità di intimidazione, fanno da sfondo.

In conclusione le indagini rilevano una significativa infiltrazione nel tessuto economico e sociale della regione Campania  ad opera della criminalità organizzata. Con le aree di maggiore rischio individuate dalle province di Napoli e Caserta. Rilevanti le dimensioni internazionali delle organizzazioni criminali di matrice camorristica, specie nel traffico di stupefacenti. La situazione oggi sembra caratterizzata da una stabile globalizzazione delle varie forme di malavitose, specialmente sul mercato illegale degli stupefacenti. Le necessità connesse al riciclaggio dei soldi sporchi spingono i clan a cercare sempre più contatto col resto del territorio nazionale e con l’estero.
Un intreccio tra globale e locale che sembra la cifra della camorra di oggi. Moderna e globalizzata ancora una volta mostra il suo opportunismo e la sua capacità di adattarsi al tempo.

(Fonte: Relazione del Ministero dell’Interno al Parlamento sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia -  2° semestre 2008 - Dossier dell’Osservatorio sulla camorra e sull’illegalità)

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