domenica 16 febbraio 2014

IL CREDITO NEL REGNO DI NAPOLI

Nel 700, la cultura ritrova a Napoli una nuova stagione creativa. L'occasione è la ristrutturazione della città ed il riassetto dell'intero territorio comprendente le aree vesuviane e flegrea nonchè la terra di lavoro, fino alle pendici dei monti Tifatini, secondo una strategia unitaria. Questo importante programma è dovuto al felice incontro tra il desiderio di magnificenza di Carlo di Borbone che regnò dal 1734 al 1759, ed il genio di architetti quali Vanvitelli, Sanfelice, Vaccaro. Il programma si inserisce in un più generale moto di rinnovamento della cultura e della società napoletana che negli stessi anni, da un contributo originale all'illuminismo europeo , mediante le opere di riformatori quali Genovesi, Galiani, Filangieri. Napoli si mette al passo con le grandi capitali europee, mentre sorprende il mondo con le scoperte archeologiche di Ercolano e Pompei, che divengono insieme ai campi Flegrei, tradizionale luogo di interesse naturalistico e monumentale, mete obbligate di quel grand tour, che impegna ogni viaggiatore colto dell'epoca.* Nel 700 i banchi a Napoli erano sette ( S. Giacomo, del Salvatore, S. Eligio, del Popolo, dello Spirito Santo, della Pietà e dei Poveri). Nella seconda metà del 500, si venne affermando in campo creditizio la tendenza a sottrarre ai privati le operazioni di deposito e di giro, creando delle banche pubbliche che offrissero sicurezza ai depositanti, li agevolassero nei pagamenti e mantenessero anche a disposizione dello Stato una riserva cui valersi per i bisogni finanziari straordinari e impellenti. Tutti questi banchi rimpiazzarono i banchi stranieri, che nel 1604, decaddero e furono abbandonati. Sebbene i banchi fossero meri banchi di deposito, ciononostante, facevano uso del denaro che vi depositavano i commercianti e i cittadini, come fosse un loro patrimonio privato. Oltre alle considerevoli somme che tenevano impiegate nella negoziazione dei pegni, davano denaro a mutuo con interessi, mercè idonea cauzione o assegnazione di arrendamenti. Le fedi di credito erano i biglietti fatti dal banco ossia la cartamoneta che tali banchi, emisero nei due secoli compresi fra il 1587 e il 1805 e che, circolavano nel Regno di Napoli in sostituzione della moneta metallica, costituita dal ducato d'argento. La fede di credito pur non facendo da volano per la crescita economica del Regno, svolse un' importantissima "funzione di ombrello" per gli scambi commerciali e finanziari colpiti da frequenti crisi, che furono tutte superate grazie alla solida fiducia che i napoletani riponevano nei banchi e nelle fedi che essi emettevano. Tale rapporto fiduciario costituì il rapporto immateriale, l'elemento impalpabile , ma reale alla base del successo della circolazione della fede*. La fede di credito era trasferibile mediante girata, su di essa a differenza di altri titoli rappresentativi di depositi, il girante poteva opporre, indicazioni in merito alla causale del pagamento a copertura del quale egli cedeva il titolo, ponendo anche specifiche condizioni, alle quali subordinare il pagamento medesimo. Non mancarono allora come oggi  discussioni sui tassi d'interesse da applicare alle operazioni di finanziamento così Genovesi:(auspicava che la tassa degli interessi fosse modica, perchè, in tal modo si invitano, e si impegnano molte persone a prendere a prestito il denaro, per versarlo in seguito nelle opere dell'industria, nella coltura dei campi, nella economia degli animali, nelle manifatture, nel commercio). oppure Locke: (La tassa dell'interesse poco alterata o molto bassa è in certo modo il vero garante della pubblica prosperità). Nel 1808 sorse il Banco delle Due Sicilie, quale risultato della fusione dei sette confratelli. Sorsero anche i Monti Frumentali, che erano una forma primitiva di credito agrario.  Il Banco delle Due Sicilie nel 1816, si componeva di una Cassa di Corte, per il servizio di tesoreria dello Stato e di una Cassa dei Privati. Con l'Unità il Banco muta la sua denominazione in Banco di Napoli. Nel giugno del 1818, annessa al Banco era sorta una Cassa di Sconto , col capitale di un milione di ducati, anticipati dal Tesoro, ma che in realtà compiva il grosso delle operazioni di sconto, anticipazioni su titoli ecc., col denaro dei depositanti. Nel 1850 dalle sezioni di Palermo e Messina delle Casse di Corte e dei Privati del banco delle Due Sicilie, nacque il Banco Regio dei Reali Domini, al di là del Faro, dal 1860 denominato Banco di Sicilia. In questi Istituti si aprivano conti correnti ( la quantità di denaro era enorme) si conducevano prestiti a mutuo su pegni, come negli antichi banchi. Secondo la Collet, tra i rendimenti dei diversi gruppi di Bond prima e dopo l'Unità, quelli del regno delle Due Sicilie prima del 1861 pagavano i tassi più bassi: 4,3% 140 punti base in meno delle emissioni Papali e di quelle Piemontesi, e 160 in meno rispetto a quelle Lombardo-Veneto. Insomma il Regno di Napoli economicamente era per l'Italia quello che oggi la Germania è per l'Eurozona. In Quaderni di Storia Economica di Bankitalia n.4 luglio 2010, Stefano Fenoaltea e Carlo Ciccarelli, affermano: L'arretratezza industriale del Sud, evidente all'inizio della prima guerra mondiale, non è un'eredità dell'Italia pre unitaria. Le tabelle pubblicate da Fenoaltea e Ciccarelli mostrano che nel 1871, il tasso di industrializzazione del Piemonte era del 1.13%, quello della Lombardia 1.37% quello della Liguria 1.49%. L'indice di industrializzazione della Campania era dello 1.01, con Napoli, nel dato provinciale all'1.44 e quidi più di Torino che era solo all'1.41%.

  • Fonte : I giardini storici di napoli di Aldo L. Rossi/ Emma Buondonno
  • Fonte: La circolazione della moneta fiduciaria a napoli nel 600 700 di Balletta

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